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COSA QUANDO DOVE - Kultur bz it

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INTERVIEW<br />

INTERVIEW<br />

La resistenza<br />

contro la<br />

videocrazia<br />

Marco Bernardi, regista e direttore del Teatro<br />

Stabile di Bolzano, sui 60 anni del suo teatro e<br />

sul valore del teatro.<br />

Signor Bernardi, perché continuare a fare<br />

teatro, visto anche che la pol<strong>it</strong>ica Vi rende la<br />

v<strong>it</strong>a difficile?<br />

Marco Bernardi: Ci sono tante ragioni per farlo.<br />

Una prima, banale ma molto concreta: fin che ci<br />

sono spettatori il teatro si fa. Noi abbiamo una<br />

media consolidata di oltre 100.000 spettatori<br />

all’anno, di cui il 40% è al di sotto dei 26 anni: il<br />

pubblico dunque c’è ed è costante, subisce solo<br />

lievi modifiche. C’è una seconda ragione: che io<br />

ricordi non c’è mai stato in Italia un momento di<br />

così grande e articolata fermentazione creativa<br />

come oggi. È un momento molto pos<strong>it</strong>ivo per il<br />

teatro, sia dal punto di vista della scr<strong>it</strong>tura che<br />

dal punto di vista produttivo. Uno dei problemi<br />

del teatro <strong>it</strong>aliano per decenni era stata la carenza<br />

di nuovi testi, adesso invece siamo di fronte<br />

ad una grande varietà di nuova drammaturgia,<br />

soprattutto di autori giovani. Solo la pol<strong>it</strong>ica<br />

nazionale non se ne accorge.<br />

In passato si è parlato molto del comp<strong>it</strong>o<br />

pol<strong>it</strong>ico del teatro. Nell’Italia berlusconizzata il<br />

teatro crea uno spazio di resistenza contro la<br />

pol<strong>it</strong>ica?<br />

Direi che il teatro stesso è una resistenza contro<br />

la videocrazia, per c<strong>it</strong>are il famoso documentario<br />

“Videocracy”. Io penso che il teatro, la musica,<br />

l’opera, l’arte siano possibili antidoti alla videocrazia.<br />

Certo sono nicchie rispetto alla tv, ma non<br />

bisogna cedere, bisogna continuare a lavorare, a<br />

portare il teatro nelle scuole per diffondere i suoi<br />

linguaggi fra i giovani. Bisogna resistere! Bisogna<br />

fare il possibile per impedire che il nostro paese<br />

diventi un disastro culturale. Questo governo non<br />

ama l’arte e la cultura. Tutti dobbiamo fare sacrifici,<br />

d’accordo, ma i tagli imposti al Fondo Unico<br />

per lo Spettacolo sono percentualmente molto<br />

più alti di quelli fatti agli altri settori economici<br />

del paese.<br />

Il Teatro Stabile con Lei ha colto l’occasione<br />

per fare da ponte tra la cultura austriaca e<br />

tedesca e quella <strong>it</strong>aliana. È un binario che si è<br />

affievol<strong>it</strong>o negli ultimi anni?<br />

Sicuramente si è affievol<strong>it</strong>o: negli anni ’80 il teatro<br />

tedesco contemporaneo era poco conosciuto<br />

in Italia. Noi siamo stati tra i primi a mettere in<br />

scena Thomas Bernhard o Rainer Werner Fassbinder<br />

e farli conoscere nei teatri <strong>it</strong>aliani, oggi<br />

invece sono drammaturgie frequentate da molti<br />

altri teatri, quindi questa funzione pionieristica<br />

che allora aveva un senso oggi lo ha molto meno.<br />

Forse oggi c’è più la necess<strong>it</strong>à di mettere a fuoco<br />

un lavoro più capillare sul terr<strong>it</strong>orio regionale,<br />

anche se continuiamo a portare i nostri spettacoli<br />

a Roma, Milano e in altre c<strong>it</strong>tà. Forse possiamo<br />

dare un contributo alla costruzione di un’ident<strong>it</strong>à<br />

della comun<strong>it</strong>à <strong>it</strong>aliana dell’Alto Adige, una<br />

comun<strong>it</strong>à parcellizzata perché siamo immigrati<br />

da regioni diverse, dunque quella delle nostre<br />

radici è un’indagine lenta e difficile. Penso alla<br />

trilogia sulle migrazioni per il lavoro che abbiamo<br />

realizzato: spettacoli che non hanno nulla a che<br />

vedere con un discorso nazionalistico, ma con<br />

uno sforzo collettivo per capire le nostre radici.<br />

Il Teatro Stabile sta anche raccogliendo pubblico<br />

tedesco o nei due teatri – Stabile e VBB – c’è<br />

una divisione secondo la lingua?<br />

Fino a una quindicina di anni fa avevamo molto<br />

pubblico tedesco: non c’erano le VBB e il Südtiroler<br />

<strong>Kultur</strong>inst<strong>it</strong>ut non proponeva ancora grandi<br />

stagioni. Questo favoriva la partecipazione del<br />

pubblico tedesco alla nostra stagione. Ora le VBB<br />

fanno dell’ottimo teatro e il <strong>Kultur</strong>inst<strong>it</strong>ut con<br />

la direzione di Peter Silbernagl propone stagioni<br />

importanti, i c<strong>it</strong>tadini di lingua tedesca dunque<br />

frequentano piuttosto queste stagioni. Il teatro<br />

non è come l’opera: è basato sulla parola e quindi<br />

la confidenza della lingua è molto importante.<br />

Perché Marco Bernardi ha scelto il teatro?<br />

Dico sempre che non sono io ad aver scelto il<br />

teatro, ma è il teatro che ha scelto me. Ero un<br />

ragazzotto di 16-17 anni molto appassionato di<br />

letteratura, cinema e teatro. Mio padre, un medico,<br />

in quegli anni era anche assessore alla cultura<br />

del comune di Trento. Una sera aveva inv<strong>it</strong>ato<br />

a cena Maurizio Scaparro, il direttore del teatro<br />

Stabile di Bolzano. Lui mi propose di vedere una<br />

prova della ripresa dell’Amleto al Teatro Comunale<br />

di Gries. Durante le vacanze di Natale invece di<br />

andare a sciare andai in treno su e giù da Trento<br />

a Bolzano; per dieci giorni ho partecipato come<br />

ud<strong>it</strong>ore alle prove. L’anno dopo Scaparro mi fece<br />

la proposta di fare il suo assistente. Quattro giorni<br />

dopo la matur<strong>it</strong>à ho avuto la prima scr<strong>it</strong>tura sul<br />

libretto di lavoro. E non ho più smesso.<br />

Le rimane il tempo libero per coltivare degli<br />

hobby?<br />

Poco! Però amo le montagne. Mi piace andare<br />

per funghi, sono uno sciatore e uno snow-boarder<br />

scatenato, inoltre sono diventato un appassionato<br />

di tennis.<br />

Esistono altri “Marco Bernardi”, su myspace se<br />

ne trova uno che è musicista. Li ha cercati?<br />

Ogni tanto con l’“Eco della stampa” mi arrivano<br />

dei r<strong>it</strong>agli di giornali che non sono miei, c’è un<br />

p<strong>it</strong>tore-fotografo e anche un ex pallavolista della<br />

nazionale che si chiama come me, ma del musicista<br />

non sapevo. Non sono un amante di facebook<br />

o myspace, non me ne importa di sapere quali altri<br />

“Marco Bernardi” ci siano in giro per il mondo.<br />

Il Teatro Stabile per anni ha frequentemente<br />

cambiato sede, ora si trova in una sede molto<br />

bella. Immagino Lei sia soddisfatto.<br />

Certo, e una delle cose più belle è che sono<br />

riusc<strong>it</strong>o a dare un contributo importante perché<br />

venisse realizzato questo teatro che ormai è un<br />

modello, di cui possiamo andare fieri. Ci siamo<br />

battuti molto per questo teatro. Mi ricordo che<br />

alla posa della prima pietra nel 1995 c’erano i manifestanti<br />

con cartelloni “Theater? Nein danke”.<br />

L’augurio per i prossimi 60 anni?<br />

Mi auguro rimanga sempre vivo l’interesse per<br />

questo laboratorio della passioni che è il teatro.<br />

Intervista: Mateo Taibon<br />

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